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"Principessa! a invidiare d`un`Ebe la ventura
Che ai labbri e al vostro bacio spunta sulla tazzina,
Consumo gli occhi, ma la discreta figura
Mia d`abate neppure starebbe sul piattino.
Poi ch`io non sono il tuo cagnolino barbuto,
Né il dolce, né il rossetto, né giuochi birichini,
E su di me il tuo sguardo chiuso io so caduto,
Bionda cui acconciarono orefici divini!
Sceglieteci... tu cui le risa di lampone
Si congiungono in gregge come agnellette buone
Brucando in tutti i voti, belando paradisi;
Affinché Amore alato d`un ventaglio sottile
Mi vi pinga col flauto mentre addormo l`ovile,
Principessa, sceglieteci pastor dei tuoi sorrisi."
Stephane Mallarmè
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La gioia è uno spasimo senza fine
un ansimare alle cime
quando vibra la sua ala in cuore
e il fiore s`accende e s`apre
e copre il buio
allora sorgi vento!
e spargi il seme a sciami
si sollevi il flutto
aleggi sul flauto, sul liuto
sull`oboe
echeggi il tutto ora
di velluto e porpora e oboe
L`aloe fiorisce oggi
sul suono del sole
Marco Tabellione
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Nel paese dei camosci
Camminando nel paese dei camosci
cedo lo sguardo ad una terra
che ha vette per confine e acque chiare
che s`ingorgano nell`ansa del Bòite.
Scorre un silenzio acerbo tra i ginepri,
la neve sciolta al sole dell`inverno
odora di buono, l`erba vecchia
ai limiti della radura cela tracce di lupi.
Camminando nel paese dei camosci
odo cuori che pulsano innocenti
nelle uova d`uccelli sfuggiti all`Eliso.
Da larici e abeti suoni di flauto
salgono al sole, il grande saggio.
E tu sei statua bisognosa di montagne,
da sbatterci contro il pensiero.
Gabriella Tiso
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(Premio la Madia d`oro, L`Aquila 1993) da Fantasma con flauto
Shariar
(Shariar era il principe carnefice delle mie mille notti meno una)
Lasciami amarti, una notte sola,
Shariar!
Lasciami ascoltare
la nenia del mullah,
il grido dei corvi dal deserto,
il ciangottare dei miei figli,
nati tra le storie delle mille notti.
Una notte,
in cui sia corpo e non solo voce?
Oppure fammi uccidere,
Shariar,
dopo averti raccontato tante fole,
e, per ultima, la mia alla rovescia.
Con un sacco di riso,
un cammello mezzo cieco, un samovàr,
lungo la strada dei miraggi.
Tre tigrotti addormentati in una cesta.
Tutte le storie mi avevano inseguita :
il riso gorgogliava in fantasmi di vapore,
raccontava il samovar,
cullati dalle storie i tre tigrotti.
Storie di spose uccise,
leggevo nei fondi del caffè.
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