Edoardo Sanguineti e la musica

Edoardo Sanguineti ha cominciato negli anni ’60 a collaborare con musicisti (Luciano Berio, Vittorio Gelmetti, Vinko Globokar), e continua tuttora: sono ormai una quarantina i compositori che, a vario titolo, hanno utilizzato testi suoi. Elettronica, teatro musicale, orchestra o ensemble o strumento singolo con voce: non c’è soluzione timbrica che non abbia toccato la poesia di Sanguineti; il quale si è spesso dimostrato disposto, oltretutto, a mettersi in gioco in prima persona, leggendo testi durante concerti o prestando la voce a manipolazioni elettroniche. Nelle poesie musicate si osservano tre diverse situazioni: testi autonomi, indipendenti da qualsiasi realizzazione musicale, liberamente selezionati dal compositore; testi autonomi, selezionati e messi a disposizione dal poeta; testi appositamente scritti per un musicista. In tutti e tre i casi, è data ampia facoltà d’intervento ai compositori, in una poesia che presenta notevoli tratti di musicabilità e dicibilità, vale a dire possibilità (o addirittura necessità) d’essere recitata ed eseguita ad alta voce. Dal musicista, d’altra parte, Sanguineti si aspetta una restituzione di senso, sotto forma di quella capacità connotativa che è fuori dalla portata della scrittura, stretta com’è nelle maglie di una logica puramente concettuale e semantica. Fra le collaborazioni più intense e durature si registrano quelle con Luciano Berio, Vinko Globokar, Fausto Razzi, Luca Lombardi e Andrea Liberovici, compositori assai diversi dal punto di vista stilistico e linguistico ma, agli occhi del poeta, uniti da una medesima tensione alla ricerca, che egli considera imprescindibile nella propria poesia e, più in generale, nell’arte. Il lavoro con Berio, beninteso, ha un’importanza del tutto particolare, e in A-Ronne, opera nata su un testo appositamente scritto da Sanguineti (1974/75), emergono, meglio che altrove, gli elementi fondamentali della collaborazione, proprio in termini di capacità connotative della musica, in questo lavoro messe continuamente alla prova. Non a caso A-Ronne va considerato, secondo il compositore, un "documentario" su una poesia, dove gli strumenti per la dotazione di senso sono il dialogo ed il costante passaggio dal caos all’ordine, dall’indifferenziato al differenziato (e viceversa); il tutto senza rinunciare, s’intende, ai processi tipici della musica (ripetizione, contrasto, eccetera).