Guida sui lineamenti del'opera per flauto di Nino Rota
Three duets for flute and oboe (1973)
manoscritto
3 Pezzi per due flauti (1973)
manoscritto
5 Pezzi facili
per flauto e pianoforte (1972)
Un pezzo per flauto e pianoforte (1971)
manoscritto
Cadenze di flauto e arpa per il concerto K.299 di W.A.Mozart (1962)
Nonetto
Organico: Fl. Ob. Cl. Fg. Cor. Vl. Vla Vc. Cb. (1959)
Trio
per flauto, violino (cello*) e pianoforte (1958)
1a esecuzione: Roma, Istituzione Universitaria dei Concerti, 4 marzo 1961
(*Esiste anche la versione per fl., vc. e pf.)
Cristallo di Rocca "Bergkristall"
Musiche per la lettura radiofonica del racconto omonimo di Adalbert Stifter (1950)
per flauto, pianoforte, organo ad lib - Str.
Sonata
per violino (flauto*) e pianoforte (1937)
1a esecuzione: Milano, Conservatorio Verdi, 14 marzo 1938, M. Abbado violino, G. Gavazzeni pianoforte
(*Esiste anche la versione per fl., e pf. trascritta per Agosti)
Sonata
per flauto e arpa (1937)
Quintetto
per flauto, oboe o violino, viola, violoncello e arpa (1935)
1a esecuzione: Roma, Accademia Filarmonica
Romana, 19 febbraio 1945
Piccola offerta musicale (1943)
per flauto,oboe, clarinetto, fagotto e corno
Figlio della pianista Ernesta Rinaldi, a sua volta figlia del compositore e pianista Giovanni Rinaldi (uno dei più eminenti strumentisti italiani del suo tempo, 1840-95), cominciò a comporre a 8 anni: già nel 1923 fu eseguito a Milano e a Lilla un suo oratorio per soli, coro e orchestra. Aveva cominciato a studiare nel 1919 solfeggio con A. Perlasca e pianoforte con la madre; nel 1923 entrò al Conservatorio di Milano, dove fu allievo di P. Delachi, G. Orefice, G. Bas e, nel 1925-26, di I. Pizzetti (composizione), quindi studiò con A. Casella a Roma, dove nel 1930 si diplomò in composizione all'Accademia di Santa Cecilia. Nel 1931-32 frequentò al Curtis Institute di Filadelfia i corsi di R. Scalero (composizione), F. Reiner (direzione d'orchestra) e J.B. Beck (storia della musica), nel 1937 si laureò in lettere a Milano con una tesi su Zarlino. Nel 1937-38 insegnò teoria e solfeggio al Liceo Musicale di Taranto, dal 1939 armonia e successivamente composizione al Conservatorio di Bari, di cui fu direttore dal 1950. La sua attività s'è esercitata in ogni genere, con perfetta misura e padronanza tecnica. La sua notorietà internazionale si deve anche alle musiche per film, spesso dedicate a pellicole di prima importanza (ad esempio quelle di Fellini, che in tutta la sua carriera si è servito per la musica esclusivamente di lui), nelle quali emerge la sua duttilità agli assunti più diversi. Non ultima ragione del favore di cui Rota godeva presso i registi (del cinema e del teatro drammatico) era la sua estrema facilità d'improvvisatore al pianoforte: ciò gli permetteva di abbozzare le sue musiche sotto lo sguardo stesso del regista, e dare a lui quasi l'illusione ch'egli componesse sotto la sua dettatura. Esaminiamo brevemente i generi frequentati da Rota per verificare una possibile attualità della sua musica nel contesto dei mutati gusti musicali d'oggi. Questa operazione, che può apparire metodologicamente scorretta, è giustificata dal clamore suscitato due anni fa dalla ripresa della più fortunata delle composizioni teatrali di Rota: Il cappello di paglia di Firenze. Può una "operetta" scritta nel 1945 e presentata al pubblico per la prima volta dieci anni più tardi, trasformarsi improvvisamente nel 1987 in uno degli avvenimenti teatrali dell'anno e di colpo essere giudicata una delle poche se non l'unica autentica opera buffa scritta in Italia nel Novecento? Merito della splendida regia di Pizzi al Valli di Reggio Emilia, si dirà. L'allestimento è nulla se non reggono musica e ritmo teatrale, in teatro, aggiungiamo noi. Per ascoltare opere liriche scritte dalla generazione del dopo Berg e dopo Darmstadt, con poche eccezioni, al pubblico di oggi è richiesto uno sforzo supplementare, oltre che nei confronti del linguaggio, per collocare criticamente tali opere nel momento storico in cui furono composte (guerra fredda, beat generation, mito americano, terrorismo, e così via). Che dire delle musiche di Rota? Ha importanza che fossero scritte nel 1947, nel 1962 o nel 1978? Se l'istinto teatrale di Rota (riallestire oggi un'opera come Aladino e la lampada magica sarebbe un successo garantito per qualsiasi teatro) risale alla più pura tradizione italiana, la sua produzione musicale non filmica richiede un'analisi più complessa. In realtà l'equilibrio tra le oltre cento colonne sonore per film di Rota e la sua produzione "altra" è fragile, retto sul principio dei vasi comunicanti, secondo l'antica regola dei compositori settecenteschi di non sprecare una bella idea per una sola occasione: l'autocitazione è in fondo la cifra stilistica che da sempre rende inconfondibile un autore di musica. Quel che complica le cose con Rota è la sua totale adesione a modelli - tanti, diversi, recenti o antichi - che divengono tutt'uno con la sua particolare rivisitazione "à la manière de", ma che l'occhio troppo scrupoloso del critico può facilmente ricondurre ai legittimi proprietari sulla fredda tavola della dissezione anatomica: per scoprirvi citazioni di Rossini, Ravel, Casella, Stravinski, Prokofiev, dei grandi pianisti otto-novecenteschi, del sinfonismo viennese mahleriano e straussiano e così via. Cresciuto in un ambiente rétro, nostalgicamente legato all'idea del salotto alto borghese per tutta la vita, Rota giocava a fare il verso a sé stesso e alla decadente memoria musicale di cui era intriso. Fascino del contrario, si giustificava il suo uso sistematico del repertorio popolare dei canti, delle danze, delle fanfare bandistiche e della musica circense. Osserviamo il catalogo delle sue opere. Le sue composizioni orchestrali sono molteplici, anche se solo tre le sinfonie numerate come tali; particolarmente congeniale si manifesta per Rota la forma del concerto: nel suo catalogo se ne ritrovano tre per pianoforte (lo splendido Concerto soirée, il tenero "Piccolo mondo antico" in Mi e quello in Do del 1960, eseguito per la prima volta lo scorso anno da Aldo Ciccolini), due per violoncello, e poi per clarinetto, per arpa e così via. Assai meno conosciuta dal grande pubblico la sua musica cameristica, spesso eseguita dai suoi allievi e amici del Conservatorio di Bari: dai pezzi per pianoforte (spesso ancor oggi eseguiti i 15 Preludi) a quelli in cui il pianoforte accompagna il flauto, il clarinetto, il fagotto, il violino, l'oboe, ai trii, ai pezzi per strumenti diversi (organo, arpa). Una produzione raffinatissima in cui sono sperimentati quasi sempre "prima" temi poi utilizzati nelle colonne sonore per film. La voce nella musica da camera ha una collocazione privilegiata perché consente il confronto immediato con i poeti prediletti da quell'instancabile lettore e bibliofilo che fu Rota (e di cui la casa-biblioteca di tre piani a Roma rendeva una efficace idea): Petrarca, Tagore, Rabelais, per citarne alcuni. Quanto alla musica sacra, è opportuno ricordare che Rota aveva esordito a dodici anni dirigendo a Milano il suo oratorio L'infanzia di San Giovanni Battista. I momenti più felici in questo campo risalgono al decennio 1962-72: Mysterium catholicum, La vita di Maria, Roma capomunni (e per certi versi si può accostare a questo filone l'opera teatrale La visita meravigliosa del 1970). I titoli di questa produzione rotiana sono oltre un centinaio: di poco inferiori al numero di colonne sonore per il cinema, composte con ritmo frenetico a partire dalla fine degli anni Quaranta. In questo composito universo sonoro - di livello ineguale quanto almeno quello del prodotto filmico relativo - si è universalmente riconosciuto il trionfo artistico di Rota. Le collaborazioni con Fellini in particolare, e poi con Visconti, Monicelli, Zeffirelli, Castellani, Soldati ed Eduardo De Filippo, l'Oscar vinto con Coppola, hanno per tanti anni diviso il suo pubblico in estimatori e detrattori. Iniziata quasi per forza (lo stipendio di conservatorio del figlio era insufficiente alle esigenze della madre Ernestina), l'avventura cinematografica divenne una dorata prigione per chi comunque sentiva di essere fuori posto nella comunità musicale aulica del suo tempo. E poi, oggi si tende a identificare con il cinema la forma di spettacolo più vicina alla tradizione del teatro musicale dei secoli scorsi. Se il grande pubblico di tutto il mondo aveva consacrato la musica rotiana per il cinema (si pensi alla trionfale ultima tournée in Giappone con concerti di musiche da film), la restante produzione passava quasi inosservata, a parte gli entusiasmi di quella specialissima famiglia per lui rappresentata dal Conservatorio "Piccinni" di Bari, dove fu prima insegnante, per caso, e poi direttore per trent'anni : per scelta, poiché avrebbe potuto trasferirsi in sedi più prestigiose. Ma, affetti a parte, nella tranquillità delle sede barese o nella casetta del borgo di Torre a Mare, Rota poteva creare senza distrazioni le sue partiture, farle provare a gruppetti di allievi o docenti, modificarle spesso in treno o in aereo (grazie alla sua valigetta sempre corredata di matite, gomme, carta da musica). In cambio, per Bari e per la Puglia fece moltissimo, chiamando come docenti i migliori musicisti del momento (che a volte pagava di tasca sua) e aiutando i migliori allievi a farsi strada. Il suo tempo, a dieci anni dalla morte, è già venuto? Difficile crederlo, per chi ha conosciuto l'aperta ostilità che l'ambiente musicale italiano gli dimostrò in vita. In questi anni tuttavia si sono moltiplicate le occasioni per riascoltare sempre più "tutta" la sua musica. Pensiamo al sistematico successo di ogni ripresa del balletto La strada con la geniale coreografia di Pistoni, oltre al già menzionato Cappello di paglia. In genere non ci si è finora avventurati oltre timide proposte celebrative, non a caso quasi sempre intitolate "Omaggio a Nino Rota". Eppure il successo di ognuna di queste iniziative, come pure quello editoriale della monografia di Pier Marco De Santi uscita presso Laterza nel 1983 (la prima edizione è esaurita), mostra che i tempi sono davvero cambiati: spente le polemiche, venuto meno dappertutto il diktat dell'impegno ideologico, le nuove mode consentono una riabilitazione critica della produzione rotiana non più solo per consenso popolare ma a tutti i livelli.
Born in Milan in 1911 into a family of musicians, Nino Rota was first a student of Orefice and Pizzetti. Then, still a child, he moved to Rome where he completed his studies at the Conservatory of Santa Cecilia in 1929 with Alfredo Casella. In the meantime, he had become an 'enfant prodige', famous both as a composer and as an orchestra conductor. His first oratorio, L'infanzia di San Giovanni Battista, was performed in Milan and Paris as early as 1923 and his lyrical comedy, Il Principe Porcaro, was composed in 1926. From 1930 to 1932 Nino Rota lived in the U.S.A. He won a scholarship to the Curtis Institute of Philadelphia where he attended classes in composition taught by Rosario Scalero and classes in orchestra taught by Fritz Reiner. He returned to Italy and earned a degree in literature from the University of Milan. In 1937, he began a teaching career that led to the directorship of the Bari Conservatory, a title he held from 1950 until his death in 1979. After his 'childhood' compositions, Nino Rota wrote the following operas: Ariodante (Parma1942), Torquemada (1943), Il cappello di paglia di Firenze (Palermo 1955), I due timidi (RAI 1950, London 1953), La notte di un neurastenico (Premio Italia 1959, La Scala 1960), Lo scoiattolo in gamba (Venezia 1959), Aladino e la lampada magica (Naples 1968), La visita meravigliosa (Palermo 1970), Napoli milionaria (Spoleto Festival 1977). He also wrote the following ballets: La rappresentazione di Adamo ed Eva (Perugia 1957), La Strada (La Scala 1965), Aci e Galatea (Rome 1971), Le Molière Imaginaire (Paris and Brussels 1976) and Amor di poeta (Brussels 1978) for Maurice Bejart. In addition, there are countless works for orchestra that have been performed since before World War II and are still performed by orchestras in every part of the world. His work in film dates back to the early forties. His filmography includes the names of virtually all of the noted directors of his time. First among these is Federico Fellini. He wrote all of the movie scores for Fellini's films from The White Sheik in 1952 to The Orchestra Rehearsal in 1979. Other directors include Renato Castellani, Luchino Visconti, Franco Zeffirelli, Mario Monicelli, Francis Ford Coppola (Oscar for best original movie score), King Vidor, René Clément, Edward Dmytrik and Eduardo de Filippo. He also composed the music for many theatre productions by Visconti, Zefirelli and de Filippo. In February of 1995, the Nino Rota Foundation was established at Fondazione Cini of Venice, Italy. Cini specializes in the works of 20th century Italian composers and includes the estate of Casella.
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