Prospettive Le scienze e la musica
Filosofia cognitiva e musica
di Augusto Mazzoni

L’ipotesi principale che ha guidato gran parte della più recente filosofia cognitiva è l’assunto che fra mente e computer sussista uno stretto isomorfismo. Almeno per quel che concerne l’aspetto funzionale, il computer può essere scelto come modello teorico in base al quale studiare le attività intelligenti della mente umana, così da poterle concepire come prodotto di una manipolazione di simboli da parte di una macchina che operi mediante regole sintattico-formali. La mente si comporterebbe cioè come un elaboratore di rappresentazioni le quali sarebbero manipolate secondo operazioni di ordine computazionale. 
L’analogia fra mente e computer coinvolge tutte le attività cognitive dell’uomo, non solo quelle strettamente logico-razionali, ma anche quelle relative alle discipline artistiche, ivi compresa la musica. In questo senso possono essere intese come esito di un’elaborazione computazionale tutte le attività musicali che implicano in qualche misura un processo di natura mentale: tanto la percezione della musica quanto la sua creazione o la sua interpretazione ed esecuzione. Tale prospettiva teorica promette di offrire spunti fondamentali nel campo dell’analisi e della teoria musicale, con riflessi altresì su discipline come l’estetica o la psicologia della musica. 

1. Per quanto riguarda uno studio della percezione musicale, un modello cognitivo assai proficuo è costituito dalla teoria modulare della mente, formulata da Jerry Fodor. Nell’ambito della mente esisterebbero due tipi principali di sistemi: sistemi di input che agiscono come trasduttori sensoriali o linguistici e sistemi centrali che svolgono compiti di interfacciamento e di formazione-fissazione della credenza. La natura modulare della mente riguarda in particolare i sistemi analitici di input, i quali sono caratterizzati nel loro funzionamento dalla specificità di dominio (nel caso della musica il dominio uditivo), dalla obbligatorietà delle loro operazioni, dalla estrema rapidità e dall’incapsulamento informazionale ossia dall’impermeabilità rispetto alle informazioni fornite dagli altri moduli o dai sistemi centrali. Sul piano specificamente musicale lo stesso Fodor ipotizza sistemi computazionali “che rilevano la struttura melodica o ritmica dello stimolo acustico”. 
L’esistenza di due tipi distinti di sistemi, modulari e centrali, richiede l’indipendenza di alcuni processi procedenti dal basso verso l’alto (bottom-up) rispetto a quelli procedenti dall’alto verso il basso (top-down). Una spiegazione completa della percezione musicale non può prescindere da alcuno di tali processi. Eugene Narmour, per esempio, esponendo una teoria delle strutture melodiche basata sul modello implicazione-realizzazione già proposto da Leonard Meyer, ha indicato come nella formazione di attese durante l’ascolto di una melodia siano in azione contemporaneamente sistemi bottom-up e sistemi top-down. I sistemi bottom-up concernono “style shapes” che sul piano dei parametri sonori si configurano come semplici (sono riferibili, in abstracto, solo all’altezza dei suoni, solo alla loro durata ecc.). Essi procedono in modo del tutto subconscio e sono innati, costanti e automatici. I sistemi top-down concernono “style structures” che invece si configurano nella complessità dei parametri (sono riferibili a concrete interazioni fra i vari parametri sonori). Essi procedono in modo ampiamente conscio e sono appresi, variabili e passibili di controllo. I sistemi bottom-up sono relativi genericamente a musica di qualsiasi stile; i sistemi top-down allo stile individuale della singola opera o comunque a uno stile musicale specifico. 

2. Alcuni aspetti della teoria modulare di Fodor sono stati ripresi dalla teoria della mente computazionale di Ray Jackendoff, la quale include in sé la teoria generativa della musica tonale di Fred Lerdahl e dello stesso Jackendoff. Ciò che Jackendoff sostiene è una visione a grana fine della modularità, ossia l’idea che i moduli non siano da intendere come interi sistemi di facoltà, bensì come singoli elaboratori i quali, collocandosi a diversi livelli di rappresentazione (anche i processi centrali sarebbero in tal senso, almeno in parte, modulari), traducono e integrano le informazioni ricevute. Ogni elaboratore è innato, ma è passibile di una specializzazione mediante esposizione sufficiente. Per i suoi aspetti innati la facoltà musicale è da ricondurre ad alcune proprietà specifiche che si aggiungono ad alcune proprietà generali della mente computazionale. A sua volta tale componente innata determina, in senso chomskiano, una grammatica universale della musica cui, per ogni idioma musicale, si aggiungono specifici elementi acquisiti. 
La teoria generativa della musica tonale postula cinque diversi livelli di rappresentazione musicale, derivati uno dall’altro mediante regole generative. Il primo livello è quello della superficie musicale, dove dal segnale acustico sono codificati i suoni come eventi sonori discreti. Il secondo livello è quello della struttura di raggruppamento, dove la superficie musicale è segmentata in una gerarchia di frasi e sezioni. Il terzo livello è quello della struttura metrica, dove si stabilisce una griglia di accenti metrici. Il quarto livello è quello della riduzione degli intervalli di tempo, dove l’articolazione ritmica (struttura di raggruppamento più struttura metrica) si raccorda a una gerarchia degli eventi melodico-armonici. Il quinto livello è quello della riduzione dei prolungamenti, dove la gerarchia tonale è precisata in termini di tensione e di rilassamento armonico. Ascoltare un brano di musica tonale significa ricavare i cinque livelli di rappresentazione, i quali corrispondono nell’ordine a un progressivo approfondimento della comprensione musicale. 

3. La teoria generativa della musica tonale è una teoria della comprensione della struttura musicale e non una teoria della sua elaborazione. Essa infatti descrive la forma assunta dall’informazione musicale come stato finale della computazione, piuttosto che il modo in cui essa è via via elaborata. Per trovare ricerche che affrontino quest’ultimo aspetto bisogna rivolgersi a studi più vicini alle problematiche della Intelligenza Artificiale, di quell’ambito disciplinare cioè che si prefigge di riprodurre le attività intelligenti dell’uomo tramite macchine ed elaboratori elettronici. L’applicazione alla musica di programmi di simulazione cognitiva segue ampiamente i principi formulati in sede generale dall’Intelligenza Artificiale, con particolare attenzione alle idee di Marvin Minsky: dal concetto di “frame” sino alla necessità di una programmazione euristica nella soluzione dei problemi. Sono stati così realizzati programmi che simulano attività di composizione, di analisi, di esecuzione, di percezione o di apprendimento della musica. 

4. Un’alternativa teorica al cognitivismo classico e alla stessa Intelligenza Artificiale è rappresentata per molti versi dalla prospettiva connessionista, in base alla quale all’analogia fra mente e computer tende a sostituirsi quella fra mente e cervello. Nel tentativo di riprodurre sistemi che simulano l’intelligenza umana, il connessionismo, anziché proporre come modello il computer organizzato linearmente secondo un’architettura sequenziale, insiste invece sull’idea di rete neurale: un sistema dinamico, parallelo e distribuito, in cui un certo numero di unità, dette nodi, sono collegate tra loro mediante connessioni capaci di attivare o inibire le altre unità. Poiché le proprietà in gioco in una rete neurale sono essenzialmente relazionali e quantitative (connessioni tra unità, peso e livelli di attivazione), il paradigma connessionista, a differenza di quello simbolico tradizionale, si caratterizza per essere sub-simbolico. Ciò vale anche in campo musicale dove, contro una considerazione logico-razionale dei processi di elaborazione delle strutture, ci si concentra piuttosto sui concreti comportamenti fisici del sistema. Tra le principali conseguenze di tale concezione v’è la possibilità di intendere le reti come sistemi che apprendono da sé a svolgere certi compiti, senza alcun bisogno di istruzioni e regole prestabilite (per esempio le regole della grammatica generativa). La maggiore flessibilità rispetto a un formalismo normalizzante consente inoltre di pensare al tema dell’ambiguità delle risposte, tema certo di notevole interesse nel caso della musica. 


Piccola bibliografia:
J. Fodor, The modularity of mind, The MIT Press, Cambridge Mass. 1983, tr. it. La mente modulare,  Il Mulino, Bologna 1988. 
E. Narmour, The analysis and cognition of basic melodic structures, The University of Chicago Press,  Chicago and London 1990. 
R. Jackendoff, Consciousness and the computational mind, The MIT Press, Cambridge Mass. 1987,  tr. it. Coscienza e mente computazionale, Il Mulino, Bologna 1990. 
F. Lerdahl, R. Jackendoff, The generative theory of tonal music, The MIT Press, Cambridge Mass.  1983. 
M. Balaban, K. Ebcioglu, O. Laske (edd.), Understanding music with AI, The AAAI Press, Menlo  Park 1992. 
P. Todd, D. Gareth Loy (edd.), Music and connectionism, The MIT Press, Cambridge Mass. 1991.