Pagine Corsare P.P.Pasolini
Stamattina mi sono alzato e, prima ancora di lavarmi, mi sono messo al tavolino. Presso la macchina per scrivere c'era il dattiloscritto della prima parte del poema (fino a tutto il lamento finale della madre); ho in mente una seconda parte (Dino che non entra nella morte, vive nel disagio, nella tenebra della coscienza sua e dei suoi contemporanei, davanti alla "strada franta del cielo", e allora rifà una storia del mondo e della concezione umana del mondo, che col mondo coincide, dogmaticamente fino al nostro tempo; qui si ha la scissione, la crisi del rapporto, tra l'uomo e il mondo, tra l'uomo e la metafisica, tra l'uomo e le sue istituzioni): non so cosa ne farò di tutto questo vulcano di idee. Per ora, come il padre dello scrivano fiorentino, che, alzandosi, ha trovato del lavoro misteriosamente espletato, mi pare che il poema si sia depositato, qui, su questi foglietti, da solo.
Sono felice per questa impressione. La poesia è dunque un atto liberatorio, unicamente? E irrazionale? Non lo so. Comunque deve dare un oggetto; ed eccolo qui finalmente l'oggetto, l'escremento oggettivato (ma, per assurdo, da considerarsi ancora nutriente: tutte le metafore hanno il loro punto debole). Ricordo di aver letto in un libro di pedagogia psicanalitica che un bambinello ha conservato gelosamente un pezzettino della sua cacca per donarla a un'infermiera a cui era particolarmente grato e affezionato. Quel dono era divenuto per lui "oggetto prezioso".
Irrazionalità, necessità, oggettivazione: sono queste le fasi di un'opera d'arte? Non lo so, ripeto. Io ho cominciato a scrivere versi a sette anni; un vero caso di precocità, sì che lo scrivere versi è divenuto una pura e semplice abitudine, e non ho mai avuto bisogno di giustificazioni o di ragioni. Ne ho lette presso tutti i poeti (a caso: Rilke, la Woolf, Jiménez, Hofmannsthal, Ungaretti, Eliot, Leopardi, Pascoli, Machado, Saba, Mac Neice, Maritain, Cocteau, Valéry, Mallarmé ecc. ecc.) e le ho trovate tutte perfette.
Ora che il poema si è fatto, bisognerà vedere di che cosa si tratta. Sì, tutte le poetiche sono buone, ma sono le tecniche quelle che contano. [...] Forse in Dino c'è soltanto l'eterno conflitto contro la tradizione? Può darsi: egli ne è certo inconsapevole, ma, poiché chi gli presta, con un movimento di regresso e poi di recupero, la coscienza sono io, posso avanzare sia pure timidamente l'ipotesi che questo conflitto sia aggravato da una particolare crisi del mondo, tra il pensante e il pensabile; una crisi di tutto l'uomo, di cui, se la crisi economica denunciata dal marxismo è l'origine, le varie crisi filosofiche, poetiche, scientifiche (e non la crisi dell'Italia, la crisi dell'Europa) non sono che aspetti.
Deve entrare nella nostra forma mentis tutto un nuovo edificio di idee, alcune delle quali hanno già implicitamente trasformato il mondo, mentre noi topicamente, sensualmente continuiamo a pensarlo secondo la figura tradizionale. Solo alcuni pionieri (Einstein, Fermi, JoliotCurie in un dato campo) sono in linea col nuovo modo di concepire; ma essi non sono né filosofi né poeti, dopo aver ricapito il mondo, non hanno tempo per modificarlo nelle coscienze altrui, che sole lo potranno rinnovare.
In questo limbo che precede l'Era atomica (di cui non possiamo prevedere un bel niente) ci sono milioni di europei tenacemente radicati nell'era attuale (Cristiana? Ma il suo antagonista, allora, più che l'Atomo dovrebbe essere il Comunismo, si dice; e può darsi). Costoro si preparano tranquillamente a prendere il posto delle scimmie nella nuova graduazione biologica; e quest'ultima trovata (degna di Indro Montanelli) sarebbe per caso il motivo ispiratore del mio poema? 
Io pornografo? Santo cielo. Questo era imprevisto. Riprendendo L'Italiano è ladro ex abrupto, mi son visto capitare sotto gli occhi certi moccoli... Un mio amico mi parlava di un pornografo timido, americano, che aveva scritto un libro mettendo dei puntini al posto delle parole indecenti. In questo senso no, non sono un pornografo timido; lo sono in un altro senso, dato che arrossisco violentemente a dire forte le mie parolacce, io che fino a ventun o ventidue anni non ho mai detto a voce alta una parola del gergo osceno, e ora, se proprio mi arrischio, devo essere tra amici, e con almeno mezzo di bianco nello stomaco. Chissà come suonano alle orecchie di un lettore queste oscenità (non parlo, Dio me ne guardi, del lettore benpensante dell'Italia cretina); spero comunque che abbiano un buon accento friulano, emiliano, lombardo, o, insomma, nostrano.
 
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